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No, non è Caravaggio

IMG 2122Si può essere malati di Merisite. Il simpatico e ironico Dino Falconio, notaio e scrittore partenopeo, ci spiega perché, tra il serio e il faceto, la tela di Tolosa non è del pittore che a Napoli visse due volte.

Lo incontro nel Pio Monte della Misericordia. Il museo sta per chiudere, ma lui non si schioda dalla sediolina piazzata proprio d'avanti a… Caravaggio.
"Certo, "Le sette opere di misericordia", il capolavoro di Michelangelo Merisi", direte voi e direi io. Ma non è così. Non solo, almeno, perché l'apparenza inganna spesso e per fortuna.
"Qui c'è Caravaggio in persona", svela il signore benvestito, dal viso cordiale e simpatico che si volta e si presenta. Dino Falconio è notaio, una professione che insieme al suo aspetto rende difficile assimilarlo ad un "picchiatello", cosa che sembra evidente dalla sua affermazione.
Il notaio è reo confesso e della simil-sindrome di Stendhal non fa mistero: "Sono malato di Merisopatia". Caravaggio gli parla. I sintomi sono inequivocabili: il pittore geniale e sregolato, attraverso i suoi quadri, gli racconta storie. Da sempre, da quando Dino ha affiancato alla passione per la legge quella per la storia di Napoli, per l'arte e per la scrittura (è autore, tra l'altro di "Del proibito amor" sulla storia proibita fra Ferrante d'Aragona e sua sorella Eleonora).
Il primo impulso è quello di condividere con l'esperto la gioia per il recentissimo ritrovamento della tela di Tolosa presumibilmente di Caravaggio dall'incredibile valore artistico ed economico (120 milioni di euro) che ritrae Giuditta e Oloferne.

Ma Dino blocca subito il mio entusiasmo, categorico: "No, non è del Merisi. Il Caravaggio vero mi avrebbe parlato, questo qui non mi dice nulla".
Come metodo per valutare l'originalità della tela mi sembra alquanto aleatorio, ma il "merisopate" mi porge un esempio concreto: "Davanti la “Flagellazione di Cristo” (n.d.r. nel Museo Nazionale di Capodimonte) ci posso stare delle ore e Lui mi racconta del chiostro maiolicato dei Gerolomini dove lo ha dipinto e si recava ogni giorno alle cinque e mezza in punto quando c'era quella particolare inclinazione della luce. Una volta mi ha detto di quando i modelli arrivarono dieci minuti più tardi e lui buttò tutti i pennelli in aria e li cacciò via".
"Si- accondiscendo io-, ma i volti e il gozzo..".
"La faccia dell'Oloferne è caricaturale, anche un volto decollato, Lui non lo avrebbe mai dipinto in quel modo, e poi le rughe della donna, sono troppo evidenti. Caravaggio ha dipinto altre donne con il gozzo come nella "Crocifissione di Sant'Andrea"- quadro originariamente destinato al Duomo di Amalfi e che oggi è a Cleveland-, ma mai con un doppio gozzo.
E poi il sangue. Il sangue è un marchio, il modo con cui sgorga e scende è preciso. Nella tela di Tolosa sembra spruzzato a caso. Addirittura nel quadro più grande che ha dipinto la "Decollazione di San Giovanni Battista" col sangue Caravaggio ha firmato il quadro.

"Si, ma la luce. Quella è inequivocabile", rilancio io.
Falconio ha un piccolo cedimento "Effettivamente il quadro andrebbe visto da vicino, ma già dalle fotografie non mi pare una luce caravaggesca al 100%. E' più da imitatore. E poi c'è dell'altro: Caravaggio non disegnava mai la tela, ma spargeva la pittura sul quadro e poi incideva con la punta del pennello le figure, mentre in questo quadro qui non risulta nessuna incisione".
Mi arrendo: "Peccato, dicono anche che sia stato dipinto a Napoli. Sarebbe un onore per la nostra città, tanto amata da Merisi".
Falconio sorride beffardo: "Caravaggio amava Roma,  non Napoli. Lui fu costretto a risiedere a Napoli per due periodi, dal 1607 al 1608 e dal 1609 al 1610, per forza perché Napoli era fuori dalla giurisdizione dello Stato Pontificio, quindi la condanna alla decapitazione non poteva essere eseguita e in più si sentiva protetto dalla famiglia Colonna e da Gianbattista Del Manzo fondatore del Pio Monte della Misericordia che gli aveva commissionato il capolavoro che è qui conservato. Ed appunto impegnato come era nel realizzare Le sette opere di Misericordia, un quadro molto complesso, non avrebbe avuto il tempo per dipingerne altri.  Merisi anelava la gloria dello Stato Ponfificio che invece lo aveva condannato per l'assassinio di  Ranuccio Tomassoni e aveva rifiutato il quadro "la Madonna dei palafrenieri" prima commissionatagli perché ritraeva un bambino nudo troppo cresciuto nonché una Madonna che era stata ritratta a immagine di una prostituta. Ecco, Caravaggio in questi quadri mi parla delle sue passioni turbolente e proibite, nonché del suo "secondo" lavoro".

Il grande Caravaggio aveva un "secondo" lavoro? Mi fa quasi tenerezza un uomo che, al pari dei giorni nostri, fu costretto a fare un secondo lavoro perché l'arte non gli dava da vivere.
A questo punto il notaio, non so se per sconvolgermi o per chiarirmi le idee sulla vita privata del Merisi spiega: "Caravaggio era uno scapestrato nottambulo e iracondo. Il suo secondo o forse primo lavoro era quello del "pappone": gestiva un parco di prostitute. Uccide Tomassone poiché gestiva anche lui un gruppo di meretrici e gli aveva sottratto Fillide Melandroni, di cui Caravaggio si era invaghito. Tra l'altro, facendo "onore" alla parola data- Merisi aveva minacciato l'uomo di strappargli e mangiare i suoi testicoli- colpisce il rivale alle parti basse e così lo uccide".
E il gossip non finisce qui. Dino spiega l'ambigua sessualità di Caravaggio senza mezzi termini: "Era un bisessuale, o forse un omnisessuale. Era un uomo di eros straordinario, attratto sia dalle donne sia dagli uomini. Il suo primo amore fu Mario Minniti, compagno di bottega dal Cesari. Amò poi diverse donne per poi, nell'ultima parte della vita, volgere lo sguardo solo verso gli uomini nonché i ragazzini. Battistello Caracciolo probabilmente fu battezzato artisticamente e non solo dal Caravaggio".Nonostante i vizi, le passioni folli e smisurate e l'ira che lo contraddiceva, Caravaggio, è secondo Dino Falconio "un personaggio atroce, ma simpatico".  E chiaramente un genio indiscusso della pittura. Napoli custodisce gelosamente tre capolavori di Michelangelo Merisi, oltre i due già citati "Le sette opere di misericordia" e la "Flagellazione di Cristo" c'è il "Martirio di Sant'Orsola" ospitato nel palazzo Zevalos, "probabilmente l'ultimo quadro dipinto da Michelangelo già malato agli occhi a seguito della colluttazione avvenuta a Napoli fuori dell'osteria del Cerriglio che gli aveva provocato il distacco della retina. Il quadro che si trovava a casa della famiglia Doria fu attribuito al pittore solo nel 1972". Un'opera caravaggesca tipicamente partenopea è "San Gennaro mostra le sue reliquie" che è a New York in una collezione privata. C'è poi un altro quadro dipinto dal Caravaggio a Napoli e mai rinvenuto, sarebbe stato commissionato da Radulovic, come risulta dall'archivio del Banco di Napoli, probabilmente una madonna mai ritrovata. Così come forse esisteva un trittico nella Chiesa di sant'Anna dei Lombardi, amata dal lombardo Caravaggio, andato distrutto nel terremoto del 1805. E dulcis in fundo, perché dolcissima pare la "Maddalena in estasi", il quadro di un collezionista privato scoperto recentemente dalla massima esperta di Caravaggio, Mina Gregori. Si tratta del dipinto originale (di cui esistono svariate copie false) che Michelangelo Merisi aveva sulla barca in direzione Porto Ercole nel suo ultimo viaggio. Falconio è certo che il quadro sia stato dipinto a Napoli. E chissà che anche questo restituito alla città e ai partenopei possa parlare un giorno. Facendoci ammalare di bellezza e svelando nuovi misteri legati al Merisi.

Grazie a Dino Falconio, che si è prestato a questa surreale e affascinate conversazione.

dino falconio

L'Autore
Alessandra del Giudice
Author: Alessandra del Giudice
Sociologa, giornalista pubblicista e appassionata di fotografia, è specializzata nel giornalismo sociale e di viaggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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