Quando la felicità ha quasi cento anni
“Tua nonna ha tre figli, sette nipoti, nove pronipoti. Perché deve essere un problema solo tuo?”
“Perché io la amo come nessun altro.”
Fin dalle prime pagine ci si rende conto che leggendo “L’invenzione della felicità” (Edizione Solferino) , il libro di Benedetta Gargano, si ha a che fare indubbiamente un romanzo d’amore. Una storia d’amore che non si snoda fra passioni brucianti, liti burrascose e riappacificazioni strappalacrime, ma non per questo meno intenso: quello fra una nonna e sua nipote. Sceneggiatrice e autrice televisiva - da anni scrive per “Un posto al Sole” e “Il paradiso delle signore” - esperta di cucina tanto da tenere corsi in qualità di insegnante e scriverne per l’inserto “Cook” del Corriere della sera, Benedetta Gargano racconta di quello che è, nonostante una lunga carriera vissuta fra le parole, il suo primo libro.
Un libro che parla d’amore: quello fra Nonna Elisa e sua nipote Benedetta/Benussì. Ma sotto un certo punto di vista anche un romanzo di formazione. Benussì utilizza questo cambio di passo della sua vita per imparare a costruirsi una felicità “altra”. Nonna Elisa era quindi una palestra quotidiana per imparare l’arte della felicità?
Nonna Elisa era per me una sorta di stella polare. La sua sicurezza è stata sempre un punto di riferimento per orientarmi nel percorso della vita. Lo è diventata ancora di più nel momento in cui è venuta a vivere con me. È stato un momento di cambiamento radicale ovviamente: ho dovuto adattare il mio menage famigliare, le abitudini della vita di prima per far posto alla nonna. Giorno dopo giorno ho costruito attraverso il rapporto con lei, un nuovo rapporto con me stessa.
Spiritosa, vanitosa, ironica, ma anche impositiva. Una piccola donna con un grande carattere…
Mia nonna aveva un pregio insolito: si voleva bene totalmente. Tutti noi abbiamo in genere una piccola percentuale di autolesionismo: ecco, lei non lo aveva per niente. Nel volersi bene insegnava agli altri a voler bene a sé stessi. È ciò che ha fatto con me. Mi ha insegnato che non è mai troppo tardi per cambiare la propria vita, per costruirsi così come è a noi necessario per essere felici. Si dice che la vita sia come un imbuto, si procede verso uno spazio sempre più stretto di possibilità di scelta. Con lei ho trovato il coraggio di attingere a tutta la mia positività, che fa naturalmente parte del mio carattere, e mettere l’imbuto al contrario.
Sceneggiatrice e autrice. Per una persona che fa questo lavoro da oltre vent’anni sembra strano che solo ora lei scriva il suo primo libro. Dove ha trovato la spinta per compiere questo passo? È cambiato il suo approccio con la scrittura?
Io funziono in modo strano: rifletto molto prima di mettere giù qualcosa. Nel momento in cui inizio a scrivere è tutto molto fluido perché ho già tutto scritto nella mente. Alcuni capitoli li consegnavo addirittura senza rileggerli. Non credo di essere una grande scrittrice ma rispetto alla scrittura ho sicuramente un dono naturale. C’è stata però a monte una grande riflessione e sono stata ben consigliata. Una intuizione della mia editor è salvare i dialoghi scritti nel tempo su Facebook. L’intuizione è stata giusta perché danno ritmo al tutto. Un’altra decisione importante è stata quella di aggiungere l’elemento “fiction”, vivacizzare la storia, basata su una quotidianità tutto sommato ripetitiva, con un duplice rapporto amoroso complicato al fine di tenere i lettore attaccato alla trama fino all’ultima pagina.
Nel suo parlare del romanzo sembra ci sia molta sicurezza: la percezione è che sapesse fin dall’inizio esattamente ciò che voleva. Ci sono stati momenti di crisi, in cui le è sembrato che il romanzo prendesse una piega sbagliata?
La scrittura funziona così: un po’ ti porta dove vuole. Ci sono stati momenti in cui sono andata completamente fuori strada. In quel caso fai un passo indietro, utilizzi dei pezzi e butti il resto. Anche l’emozione, il sentimento può essere un’arma a doppio taglio perché mina la coerenza del racconto. Ho voluto raccontare la storia in modo semplice, ma è stato un lavoro molto impegnativo comunque. Bisogna essere consapevoli dei propri limiti, mai fare il passo più lungo della gamba.
Il rapporti con i propri cari, come appunto il suo con nonna Elisa appartiene alla sfera del privato, qualcosa di cui spesso le persone sono gelose. È stato semplice per lei rompere la barriera dell’intimità?
Non lo è stato, ma Instagram mi ha aiutato moltissimo. Da persona obesa e con problemi di salute ho dovuto proteggermi molto in questo periodo di pandemia. Sono stata costretta per un lungo lasso di tempo all’isolamento in casa e ho quindi cercato il contatto con gli altri attraverso una serie di dirette su Instagram. In queste occasioni di incontro a volte si parlava del più e del meno, altre affrontavo temi che generalmente non si affrontano o si sfiorano solamente, come cosa voglia dire avere un corpo ingombrante e la mancata maternità. Questi momenti di confronto sono stati la spinta definitiva a rompere definitivamente gli indugi e portare tutto su carta. Ho capito che il mio libro poteva essere un’occasione non solo per rinnegare la convinzione che il dolore debba essere per forza nascosto, ma anche per dire che il dolore può essere superato. Mi sono riconciliata con la vita quando ho capito che bastava deviare lo sguardo.
Lei è sceneggiatrice da vent’anni per la seguitissima serie ambientata a Napoli “Un Posto al Sole”. Ritroviamo alcuni dei personaggi del suo libro, e della sua vita, fra le puntate che vediamo in TV?
La serie vanta una nutrita squadra di autori e sceneggiatori. Inevitabilmente pezzi della vita di tutti noi sono finiti lì dentro: episodi accaduti realmente, nomi veri di amici, parti di dialoghi realmente verificatisi. Per quanto mi riguarda, nel personaggio di Otello Testa, soprattutto al’inizio quando si doveva caratterizzarlo, ho utilizzato fatti accaduti realmente a mio padre. Così come per delineare il carattere di Ginevra, mamma di Ornella Bruni, interpretata da Valeria Fabrizi, ho attinto molto da alcuni lati del carattere di mia nonna. Ho preteso che questa signora d’altri tempi un po’ dispotica avesse un campanello per chiamare la servitù e, a tal fine, ho portato negli studi televisivi il campanello utilizzato da mia nonna affinché ne venisse procurato uno uguale. Per quanto la fantasia di un sceneggiatore possa essere allenata in vent’anni c’è bisogno di un piccolo aiuto. Sono stata fortunata a poter attingere molto da mio padre e da nonna Elisa solo perché loro non guardano Un Posto al Sole.
In compenso nonna Elisa non si perdeva una partita del suo amato Napoli…
Fra mio marito juventino da tutta la vita e mia nonna che si vantava del titolo di più antica tifosa del Napoli - divenuta fra l’altro una seguitissima influencer sportiva sui social - io mi trovavo giusto nel mezzo. Lei diceva che il calcio la faceva sentire viva, non si sarebbe persa per nulla al mondo un goal di El Pipita - Gonzalo Higuaín, anche se poi non gli ha mai perdonato il tradimento al suo amato Napoli.
Nella foto: Benedetta Gargano con il cagnolino Enrico Maria Salerno
© RIPRODUZIONE RISERVATA