giovedì 30 NOVEMBRE 2023
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Simone Schettino: “La pandemia ci ha insegnato che la libertà non è scontata”

coverInsieme a alcuni dei suoi più cari amici, sta mettendo insieme uno show esilarante che lega cucina e comicità napoletana, anche se lui è assolutamente negato ai fornelli!

L’attore e regista Simone Schettino ci racconta come nasce “Sartù, il Sorriso è servito”, il format televisivo (e web) che andrà in onda in autunno con la produzione di Massimiliano Triassi, già firma di programmi come"I sovrani", "Ultimo stadio", "Barche in onda", "À ricetta", "Sasamen", "Musicaly game show" . Dodici puntate in compagnia di un cast eccezionale di “comici stellati”: Marco Lanzuise, Peppe Laudato, Stefano Sarcinelli, Rosario Toscano, Salvatore Turco, Rosario Verde, cui si aggiungerà la verve di Lisa Fusco, Rosaria Miele, Lello Musella e Rosalia Porcaro. 

Una nuova avventura sta per partire finalmente…

Dopo essere stati fermi per il covid, anche se io non mi sono mai fermato tra Made in Sud ed emittenti locali, sono contento che stia per cominciare questa nuova avventura, soprattutto perché in questo contesto siamo tutti amici della vecchia guardia. Rappresentiamo la generazione precedente a quella dei nuovi comici, siamo quelli che hanno iniziato a fare cabaret nei locali e ci frequentiamo e soprattutto ci siamo sempre divertiti nella vita privata. Diciamo che siamo una comitiva che ha deciso di fare insieme un programma. 

Il format si basa sul connubio comicità / cucina. Lei come se la cava ai fornelli?

Io sono assolutamente negato, non potei nemmeno avvicinarmi ai fornelli. Il rovescio della medaglia è che mi piace mangiare, quindi per fortuna non so cucinare, altrimenti potrei restare intrappolato in cucina! 

Parlando della sua carriera artistica, la sua famiglia è felice di questa scelta o avrebbe preferito che facesse l’avvocato?

Ho studiato Giurisprudenza senza prendermi la laurea. Per loro fino a qualche anno fa, ero ancora una avvocato mancato e non un attore riuscito; ora sono un punto interrogativo, ed è già tanto. Mio padre è ancora convinto che prima o poi deciderò cosa fare da grande. 

Si definisce ancora “fondamentalista napoletano”?

Lo sono sempre, è un appellativo che mi fu dato all’inizio della mia carriera, ma ritengo di esserlo ancora dopotutto. Sia chiaro un fondamentalista pacifico, nell’accezione buona del termine. Per anni, abbiamo convissuto con lo stereotipo che il popolo napoletano fosse il peggiore e solo qui ci fosse la malavita. Ora, soprattutto col web e grazie alla libera informazione, siamo a venuti a sapere che il male è un po’ dappertutto, anzi se leggiamo i fatti i cronaca, vediamo che la criminalità è quasi più diffusa altrove e non si concentra solo al Sud. Poi noi siamo il popolo del “Chi ha avut ha avut, chi ha rat a rat, scurdammece o passat”, insomma non portiamo rancore. 

Napoli, in termini di spettacolo, attraversa da un po’ di tempo un nuovo rinascimento e questo programma ne è un esempio, come spiega questo fenomeno?

Abbiamo sempre avuto una grandissima qualità: Napoli rappresentare un popolo a parte, ovviamente questo non deve essere un’arma a sfavore ma una sana competizione con tutto il resto del Paese, devono emergere le nostre qualità. Facciamo in modo che se ne accorgano gli altri, devono essere gli altri a scoprire quanto siamo bravi, altrimenti corriamo nel rischio di peccare di presunzione. 

Cosa pensa di questa nuova comicità che sta esplodendo in città, e non solo, complici tik tok e i social, per cui prendono il sopravvento influencer al limite del trash?

Più che parlare bene o male di questi fenomeni, bisognerebbe analizzare il pubblico, capire effettivamente cosa vuole lo spettatore da casa, che è sempre più anche quello del web. I programmi tv devono essere leggeri perché rispecchiano la società e la società è leggera, semplice, non vuole impegnarsi con cose complicate. Oggi non esiste più lo spettatore passivo, in qualche modo lui vorrebbe partecipare, ad esempio, quelli che vedono i reality, nella stragrande maggioranza dei casi, sono coloro che vorrebbero avere l’opportunità di apparire in prima persona. C’è una gran voglia di protagonismo, i 5 minuti di celebrità non bastano più, ma bisogna stare attenti: ciò per cui diventi famoso ti rimarrà a vita come un marchio. Consiglio sempre di andare a vedere una intervista a Marco Morrone, quel ragazzo che divenne famoso sul web per il tormentone ‘Salut Antonio’, da lì ospitate nei locali, veniva riconosciuto per strada, ma dopo un po’ il pubblico gli ha voltato le spalle, si è stancato di lui. Questo ragazzo ne ha risentito molto a livello psicologico. La sua storia fa riflettere tanto sulle conseguenze negative del successo all’improvviso, si deve arrivare preparati, gli alti e bassi in questo mestiere sono continui. 

Cosa si augura per il futuro della Napoli post-covid?

Mi auguro che si torni alla normalità, ma una normalità diversa da quella ante-covid, questo anno e mezzo drammatico ci ha insegnato molto sui valori veri, sulle cose che rendono la vita autenticamente più bella. Ciò che prima per noi era scontato, la libertà al primo posto, ora non lo è più. Quello che manca di più è proprio questo: non le feste e fare tardi, ma la libertà, anche di andare a fare una semplice passeggiata, quella ci è stata tolta, più di ogni altra cosa. Siamo cresciuti un una società in cui tutto era facile e scontato, ora ho capito quanto valgono le battaglie di chi ha lottato per queste libertà. E poi mi auguro serenità per tutti. 

Altri progetti per il futuro?

I progetti ci sono sempre, ora che siamo a un nuovo anno zero, ancora di più, perché determinati sogni non sembrano più impossibili. Non ci sono più limiti e paletti, molto lo si può fare sul web, ma attenzione anche qui: c’è un serio rischio di saturazione, visto il bombardamento di post, audio e contenuti comici veicolati coi social. La cosa più bella sarebbe poter tornare a teatro, a tutti noi manca molto il contatto col pubblico, guai se non fosse così, ci mancano gli ammiratori dal vivo, anche quelli fanno piacere. Bisogna raggiungere un buon mix tra vita virtuale e reale, non siamo pronti per una vita puramente virtuale. Se venite a teatro vi spiego perché!

Maria Nocerino

L'Autore
Sociologa e giornalista pubblicista, è specializzata nel giornalismo sociale. Collabora con l’agenzia di stampa Redattore Sociale e con il quotidiano Roma per le pagine della Cronaca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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